Renzo M. Grosselli su "Il sangue e l'inchiostro"

Recensione di Renzo M. Grosselli pubblicata su “L’Adige” del 24 marzo 2016 relativa al romanzo di Roberto Corradini “IL SANGUE E L’INCHIOSTRO”.

Che la famiglia di attori statunitensi Carradine (il capostipite fu il grande John, 1906-1988) avesse un’origine trentina e pure non troppo lontana? È un'ipotesi che potrebbe uscire dal romanzo “Il sangue e l’inchiostro” (Curcu & Genovese, € 15) di Roberto Corradini, visto che uno degli ultimi protagonisti del romanzo va proprio a lavorare a Hollywood e si firma Robert Carradine.
In attesa di verificare se e come i protagonisti del libro (di cognome Corradini di Trento) siano realmente diventati Carradine una volta arrivati negli Stati Uniti - come Vittorio Maturi (figlio di emigrati da Pinzolo) diventò effettivamente il famoso attore Victor Mature - si può intanto affermare che, nelle 250 pagine che si leggono in modo scorrevole, traspare da parte di tutti protagonisti (nati a Trento nella seconda metà dell’Ottocento, dunque “sudditi austriaci, ma di madrelingua italiana”) un'attaccamento fortissimo alle proprie radici, alla lingua materna, alla città natale, a preti illuminati e generosi, insomma a quel modo di sentire la vita che è stato molto “trentino” e a cui l’autore guarda con estrema sensibilità. Ma - allo stesso tempo - traspare pure un fortissimo anelito verso il mondo, le sue sterminate dimensioni, le sue differenze culturali, i suoi visi, i suoi milioni di milioni di storie.
Il sangue e l’inchiostro”, romanzo di debutto di Roberto Corradini, è insomma uno scritto che, con termine modaiolo, potremmo definire “glocal”, cioè un libro che parla sia di radici, che di aneliti verso il futuro. Potrebbe apparire la trascrizione della storia della famiglia paterna dell’autore, ma lo è solo in parte, anche se la quarta di copertina porta una fotografia di un certo Enrico Corradini, ritratto con la madre, la moglie e sette figli. Ma anche se Roberto Corradini avesse dato di proposito il nome del nonno ad uno dei due protagonisti, anche se avesse tratto spunto dagli avvenimenti realmente vissuti dai suoi ascendenti, nel suo romanzo racconta storie vere in cui potrebbero riconoscersi tante altre famiglie trentine.


I fratelli Enrico e Giovanni Corradini, nati negli anni ’70 dell’ottocento, per un ventennio vissero in famiglia: padre falegname, madre casalinga. Precisamente nella zona di Trento in cui da pochi anni erano comparsi i padri Stimmatini, cioè i seguaci di don Gaspare Bertoni. I “Bertoniani” hanno un ruolo davvero importante nella storia narrata: in via San Bernardino, comperano un pezzo di terra dal padre dei due ragazzi, per farci la chiesa con annesso oratorio e contribuiscono in modo determinante a far sì che entrambi i fratelli si impadroniscano bene di una lingua (quella italiana) che diventerà - negli anni in cui uno dei due emigra in Brasile e poi negli Stati Uniti - l’unico codice comune in grado di mantenere comunicazione tra loro.
Enrico - falegname e pompiere volontario, uomo tranquillo e concreto - rimane a Trento.
L’altro fratello, Giovanni, ha indole diversa: è irrequieto e sognatore. A vent’anni, nel 1891, emigra Brasile, dove evita il lavoro nelle piantagioni di caffè solo per caso, avendo incontrato “un nano ebreo portoghese” che gli insegna addirittura un mestiere emergente (quello di fotografo) e dove vive per due decenni facendo anche il barbiere nel salone della consorte, parrucchiera affermata. Poi, insaziabile di mondo, si trasferisce assieme a moglie e ai due figli negli Stati Uniti, sempre col doppio lavoro di fotografo e barbiere.
Ecco, la vicenda si snoda attraverso 12 capitoli che non sono altro che 12 lettere, quelle che - dal 1892 al 1937 - i due fratelli (o talvolta qualche loro congiunto) si scambieranno, anche con intervalli di tempo molto lunghi. Qui, in Trentino, la forte personalità e la solida famiglia di Enrico, fedele al mestiere e alla sostanza economica lasciata dal padre. Di là, le peripezie di Giovanni che, dopo vent’anni di vita e di lavoro proficuo a San Paolo, non ne ha abbastanza di mondo e parte per gli States. Dove lotta, battaglia ancora, perde una figlia che incrocia elementi della malavita (una vicenda che un poco ricorda quella della figlia di Albano e Romina). I fratelli si scrivono saltuariamente, ma le loro lettere sono lunghe quale la distanza che li divide.
Di qua, Trento e la sua vita sociale: sullo sfondo, don Guetti e la cooperazione, la Grande guerra, Battisti e la sua impiccagione. Di là, l’impeto della nuova storia: ferrovie e stupende donne nere del Brasile, poi gli States, la modernità e il capitalismo assoluto, la grande depressione. E perfino Al Capone, il proibizionismo… e la figlia di Giovanni che si perde tra un postribolo e l'amore di un bellimbusto.
Nascono figli, muoiono i genitori. C’è chi fa l’America, attraverso un duro lavoro, ma anche con la solidarietà dei compaesani incontrati prima a San Paolo e poi a New York. E c’è chi costruisce e ricostruisce il piccolo Trentino nel solco di antiche sicurezze e afferrato ai valori di sempre. Di qua Franz Joseph e poi i fascisti, di là il puro capitalismo nascosto dietro la faccia della democrazia. In un nascere di molti figli, una decina o giù di lì per il fratello maggiore di Corradini, molti meno (“all’americana”) per Giovanni.
Certo, l'America dà di più, ma toglie di più: “Nel giro di un anno, una famiglia affiatata e unita come poche è frantumata per sempre: tua cognata Marlene ha perso la testa, tuo nipote Roberto è andato a lavorare molto lontano (ndr, Hollywood), tua nipote Ester è sparita, tuo fratello Giovanni è rimasto solo.”.
Mentre a Trento c'è qualcosa che regge il filo: “I nostri vicini padri Stimmatini?.. Oh, quelli sono un conforto e una risorsa preziosa per tutto il vicinato.”.
Un libro, un romanzo che si fa leggere bene. E in cui ritrovi il Trentino, ma anche il mondo.
Roberto Corradini è nato a Trento nel 1949. Laureato in sociologia, è stato insegnante in varie scuole.

Renzo M. Grosselli da “L’Adige” del 24 marzo 2016

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